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Il Burdiöl
Ogni anno all’imbrunire del 6 gennaio, giorno
dell’Epifania, è consuetudine dare fuoco al “burdiol”. Questa antica
tradizione, incentrata sul falò su cui viene bruciata “la vecia” (un
fantoccio dalle fattezze di una strega) manda simbolicamente in fumo
quanto di brutto e spiacevole vi è stato nell'anno che si
chiude.
Un tempo, quando questa
tradizione era molto più diffusa e popolare, la notte della Befana era
rischiarata da enormi e bellissimi falò, che bruciavano non solo sulle
piazze, ma anche sulle aie di cascine e fattorie, o in cima alle colline,
in modo che potessero essere visti anche da lontano. La gente raccoglieva
sterpi, rami secchi, pezzi di legno, foglie di granoturco e tutto ciò che
poteva venir bruciato agevolmente; c’era persino chi aggiungeva rami di
abete e ginepro, cosicché bruciando dessero un buon profumo al falò. La
catasta doveva essere il più alta possibile ed in cima ad essa veniva
posto un grande fantoccio (“la vecia” appunto), secondo l’usanza preparato
in gran segreto dai ragazzi e diverso di anno in anno. All’imbrunire,
tutta la gente, grandi e piccini, si radunavano attorno al falò e il più
anziano di tutti era l’incaricato ad appiccare il fuoco. Allora attorno al
fuoco che ardeva con gran rumore, tutti cominciavano a saltare, ballare,
cantare: la speranza era che l'anno che stava incominciando portasse solo
cose buone e tanta fortuna, che il raccolto dei campi fosse ricco e
abbondante. Così bambini e ragazzi con tizzoni accesi correvano per i
prati e per i campi arati, cantando a squarciagola: ad un certo punto, le
fiamme del falò raggiungevano finalmente il pupazzo della Befana cattiva e
cominciavano a bruciarla quasi fosse stata una brutta strega condannata a
morire. Allora le grida allegre di ognuno diventavano così forti, da
superare il crepitio delle fiamme. Ciascuno, in cuor suo, si immaginava che con
quella cattiva vecchiaccia, bruciassero anche le brutte cose successe
durante l'anno, tutti i dolori e le tristezze sofferti. Intanto i giovani facevano un gran baccano con
campanacci, latte, trombe, ferri e catene, un rumore veramente assordante
per spaventare gli spiriti maligni che si aggiravano per i paesi e le
campagne e cacciarli via per sempre, restituendo pace agli uomini. I
cacciatori sparavano in aria tanti colpi di fucile, perché colpissero
direttamente il cuore delle streghe, sperando di liberarsi una volta per
tutte della loro presenza. Quando le fiamme avevano bruciato la cattiva
Befana e si spegnevano lentamente, si diceva che, morta la crudele
vecchia, da quel rogo rinascesse finalmentela
Befana buona, portando un gran regalo per tutti: la
speranza che il nuovo anno potesse essere migliore di quello vecchio e che
per tutta quella gente raccolta attorno al fuoco potesse esserci pace, e
prosperità.
Da sempre la polisportiva anima questo momento
di ritrovo nel giorno dell’Epifania; gli sterpi, le ramaglie e tutto il
materiale raccolto vengono accatastati nella zona degli impianti sportivi,
dove è abitualmente allestito il “Burdiol”. I campanacci e le
schioppettate di un tempo sono oggi sostituiti dalle esplosioni dei
petardi, e la gente che si raduna accerchiando il falò si intrattiene
sorseggiando brulè, tè caldo, mangiando ceci o patatine fritte, nonché
panini con il cotechino…
…e non sia mai che alla fine, quando l’ultima fiamma
del “burdiol” cessa di ardere, a qualcuno non venga in mente di sfruttare
le braci per una bella grigliata….
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